Sanità: Un emendamento per fermare De Luca

La prossima settimana potrebbe essere votato un emendamento al Milleproroghe, ora al Senato, con il quale si tenta di «differire l’entrata in vigore della norma che permette ai presidenti di Regione di essere nominati commissari alla Sanità». Insomma si utilizza un escamotage tecnico per bloccare l’ormai famigerata norma pro De Luca. E il tentativo non è firmato dai grillini o da Ncd, partito del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ma dal Pd stesso, dalla minoranza che ha sempre contestato «il cambio di rotta» della maggioranza renziana. Il nuovo emendamento reca le firme di Maria Cecilia Guerra, Nerina Dirindin, Paolo Corsini, Silvio Lai, Gianpiero Dalla Zuana, Maria Grazia Gatti, Manuela Granaiola, Annalisa Silvestro e Maurizio Migliavacca. «Lo abbiamo presentato — spiega la senatrice Guerra — perché è stato proprio il Partito democratico a fare la battaglia per distinguere le due figure. E questo perché si presuppone che quando un governo decide di inviare un commissario ad acta lo faccia perché ci sia una manifesta incapacità da parte dell’istituzione e quindi è strano affidare il commissariamento a chi viene commissariato. E non lo dico contro De Luca: può darsi che si erediti una gestione drammatica, ma in ogni caso serve un soggetto terzo. Non si capisce dunque perché ci sia stata la volontà di modificare la norma sull’incompatibilità».

Per la verità si comprende sul piano politico-elettorale. Basta tornare indietro, ai giorni subito precedenti al referendum costituzionale del 4 dicembre. All’improvviso, è il 22 novembre, arriva in aula un emendamento alla legge di Bilancio che reca la firma dei campani Assunta Tartaglione, Sabrina Capozzolo, Anna Maria Carloni, Antonio Cuomo, Tino Iannuzzi, Leonardo Impegno, Salvatore Piccolo, Michele Ragosta, Michela Rostan, Camilla Sgambato e Simone Valiante, con il quale viene eliminato il divieto per i governatori di fare anche i commissari alla Sanità. Divieto voluto da chi? Dal governo Renzi. Ma ben prima della complicata tornata referendaria e ben prima della guerra aperta da Vincenzo De Luca ai commissari governativi. Se fosse stato approvato com’era in origine, dai primi giorni di gennaio «su istanza motivata delle Regioni interessate, il Consiglio dei ministri delibera le nomine commissariali in applicazione delle presenti disposizioni». Invece scoppia la polemica, l’emendamento ad De Lucam viene bersagliato e diventa materia da campagna elettorale. Matteo Renzi non può rompere con De Luca, ma neanche con Ncd: in men che non si dica viene «riformulato» così da passare. Perché è una priorità, in gergo, infatti, si dice che sia un emendamento «blindato», cioè che abbia l’avallo governativo. In sostanza cade l’incompatibilità tra presidente di Regione e commissario ma anche l’automatismo, la scelta spetta al premier, prevedendo che ci siano verifiche semestrali da parte del tavolo di monitoraggio dei piani di rientro e del comitato Lea. È l’ex potente sottosegretario Luca Lotti (che oggi è ministro dello Sport) a sottolinearlo durante il suo tour elettorale in quel di Salerno al fianco di Piero De Luca. «Nessun automatismo — dice con una certa animosità — è una possibilità non una certezza». Ora sappiamo tutti con il referendum come è andata a finire: sconfitta cocente, Renzi dimissionario, nuovo governo Gentiloni. E, a tutt’oggi, il presidente del Consiglio non ha ancora nominato De Luca commissario. Lo farà? Prima il caso Nola, poi l’ospedale Cardarelli allo stremo e il consigliere della sanità Enrico Coscioni sotto inchiesta non aiutano. Senza contare che da inizio anno tra De Luca e Lorenzin volano stracci. Tant’è che ieri in commissione il governatore ha mandato Coscioni pur di non incontrare il ministro. E martedì il gruppo che in consiglio regionale fa riferimento a De Luca (Campania libera, Psi e Davvero Verdi) presenta una mozione di «sfiducia politica» ai due commissari. Per ora la nomina resta congelata. Ma c’è aria preelettorale e precongressuale. E c’è più d’un renziano a Roma che si vuol tenere buono De Luca. Anzi i suoi voti.

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