Piano Nazionale Esiti 2014, migliorano le cure in ospedali ma ancora troppe differenze tra le regioni
È stato illustrato nei giorni scorsi il Programma Nazionale Esiti (PNE) 2014.
Il Programma è sviluppato da Agenas per conto del Ministero della Salute e fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia e qualità delle cure prodotte nell’ambito del servizio sanitario, così come previsto dal Patto per la Salute. PNE fornisce evidenze sull’associazione tra volumi di attività ed esiti delle cure ai fini dell’individuazione degli standard qualitativi e quantitativi dell’assistenza ospedaliera.
PNE individua oggi 131 indicatori, osservati sia dal punto di vista dei “provider” (gli ospedali che hanno erogato le cure) sia da quello della funzione di tutela/committenza (le ASL). I dati sono analizzati per gli anni 2008-2013 e consentono di individuare tempestivamente scostamenti dei valori per le singole aziende rispetto al valore medio nazionale, al benchmark nazionale e all’anno precedente. “Il Piano Nazionale Esiti non è uno strumento punitivo o una classifica, ma un programma che ha l’obiettivo di valutare e misurare le performance delle strutture sanitarie”. Così il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin durante la presentazione del PNE.
“I direttori generali devono adeguarsi agli standard, non è un optional. Il rispetto degli indicatori deve essere un dovere per le Amministrazioni” – continua il Ministro – In alcuni casi abbiamo avuto problemi di ricezione dei dati, e questo è inaccettabile, come le differenze che emergono tra le Regioni”.
Il PNE è un progetto sviluppato dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Age.Na.S.) per conto del Ministero della Salute, e fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure prodotte nell’ambito del servizio sanitario.
Il PNE non produce classifiche, graduatorie, giudizi. I metodi statistici di sviluppo degli indicatori, la complessità dei modelli di analisi, le modalità di presentazione e le criticità di interpretazione, fanno del PNE uno strumento dedicato ai livelli di governo e di gestione del SSN e, soprattutto, ai professionisti.
Le valutazioni dell’edizione 2014 documentano forti disomogeneità nell’efficacia e nell’appropriatezza delle cure tra Regioni, aree, ospedali, con importanti variazioni temporali. Vengono inoltre documentate forti differenze nei volumi di attività per quelle procedure chirurgiche per le quali esistono prove scientifiche del rapporto esistente tra volumi di attività ed esito delle cure. L’edizione 2014 presenta numerose novità, in particolare una sezione “strumenti per audit” in cui si segnalano le strutture che hanno valori estremi di alcuni indicatori, per le quali è necessario attivare processi di audit sulla qualità dei dati.
Qualche esempio:
la proporzione di fratture di femore sopra i 65 anni di età operate entro due giorni è passata dal 28.7% del 2008 al 45.7% del 2013, restando ancora al di sotto dello standard atteso, superiore all’80%. Si osserva una notevole variabilità intra e interregionale, con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo dell’1% ad un massimo del 98%;
la proporzione di parti cesarei primari è passata dal 29% del 2008 al 26% del 2013, anche in questo caso con una notevole variabilità intra e interregionale: si va da un minimo del 4% ad un massimo del 93%;
la quota di infarti trattati con PTCA (angioplastica coronarica transluminale percutanea) entro 2 giorni è passata dal 27.9% del 2008 al 39.6% del 2013, con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo pari a 0.5% ad un massimo del 95%.
“Il PNE non è più soltanto uno strumento attraverso il quale fare una fotografia quanto più possibile attendibile del “come” viene erogata l’assistenza sanitaria in Italia. Lo ha affermato Francesco Bevere, Direttore generale dell’Agenzia Nazionale peri Servizi Sanitari Regionali
(Agenas). “Da questa edizione in poi il PNE sarà uno degli strumenti determinanti anche per consentire ad Agenas di effettuare, assieme alle regioni, il monitoraggio, l’analisi ed il controllo previsti dall’articolo 12 del Patto per la salute 2014 – 2016. Questi strumenti consentiranno al sistema di “giocare d’anticipo” e di intervenire tempestivamente su difetti assistenziali e gestionali per evitare la cronicizzazione delle
criticità riscontrate.
I risultati del 2013 documentano sensibili miglioramenti delle situazioni regionali che nel 2010 e nel 2011 registravano condizioni di erogazione gravemente carenti per alcuni gruppi di patologie. Grazie agli audit regionali avviati proprio sulla base dei dati del PNE, molte di quelle situazioni registrano già oggi notevoli miglioramenti. Questo a conferma che la strada indicata dal Patto per la salute va nella giusta direzione.
L’Agenzia individuerà con le regioni percorsi e procedure di intervento sempre più omogenei su tutto il territorio nazionale, per consentire di raggiungere quegli ospedali o quelle organizzazioni sanitarie che documentino difetti assistenziali. La partnership con le regioni e con i professionisti è la nostra carta vincente, sia con riferimento alla composizione dei dati che vengono utilizzati dalla direzione scientifica del PNE, che relativamente al successo di intervento sulle singole realtà locali. Appare del tutto evidente, dai dati presentati oggi, come laddove le regioni hanno assegnato ai direttori generali delle aziende sanitarie anche obiettivi di miglioramento relativi alle criticità evidenziate dal PNE, si è osservata una significativa riduzione di quelle criticità, così come si è registrato un miglioramento sempre più evidente quando si è intervenuti coinvolgendo direttamente i clinici, il personale sanitario e le società scientifiche. A questo proposito, il Direttore Scientifico, Dott.ssa Marina Davoli ha confermato come “i dati di PNE, coerentemente con quanto noto in letteratura, dimostrano che la pubblicazione dei dati di esito e l’utilizzo di queste misure come strumento di governo del sistema (per esempio l’utilizzo come indicatori di risultato per i Direttori Generali) migliorano la qualità delle cure. Un uso peròriduttivo e meccanicistico delle misure di esito per definire incentivi o sanzioni può determinare effetti indesiderati ed opportunismi di codifica dei sistemi informativi che inficiano le valutazioni”. Bevere sottolinea come “il PNE conferma che anche il percorso delineato dal regolamento sugli standard ospedalieri va nella giusta direzione. Infatti, alcuni rilevanti difetti assistenziali sono stati documentati proprio nelle strutture e nei reparti dove il volume dei casi trattati si pone al di sotto delle soglie minime indicate proprio dallo schema di regolamento sugli standard ospedalieri – sul quale il 5 agosto scorso è stata sancita l’intesa in sede di Conferenza Stato Regioni – precisamente nel capitolo 3 sugli “Standard minimi e massimi di strutture per singola disciplina” e nel capitolo 4 sui ‘Volumi ed esiti’”.Così come, ha aggiunto Bevere, possiamo affermare che buona parte dei difetti organizzativi ed assistenziali emergono nelle strutture di piccole dimensioni, non adatte ad affrontare particolari livelli di complessità assistenziale. Anche in questo caso lo schema di regolamento sugli standard
ospedalieri prevede interventi di chiusura o riconversione di strutture con un numero inferiore a 60 posti letto per acuti, a meno che non si tratti di strutture monospecialistiche”. La Dott.ssa Davoli, intervenendo sui temi della validità e qualità delle informazioni dei sistemi informativi, ne ha sottolineato l’importanza per ottenere una efficace attività di valutazione. “Si rende necessaria ed urgente l’adozione dei provvedimenti già previsti di integrazione delle informazioni contenute nelle SDO con altre informazioni di carattere clinico ed organizzativo (tra cui l’identificativo dell’operatore) e l’interconnessione dei flussi informativi disponibili. Urge inoltre un adeguamento dei sistemi informativi esistenti alle modifiche organizzative dei sistemi sanitari (attivazione di case della salute, reparti di osservazione a breve intensità, superamento delle unità operative con attività assistenziali per intensità di cura, ecc..) ed una rivisitazione dei sistemi di verifica e controllo”.