Fine vita e cure palliative

L’associazione onlus Franco Mura di Sassari chiede l’apertura di hospice. Intervista al presidente Enrico Mura

 

Sassari. Avere più voce e più peso nelle istituzioni e nella società civile per la tutela dei diritti della persona morente e della sua famiglia. Ma soprattutto garantire la presenza di hospice nonché l’accesso alle cure palliative. È l’obiettivo dell’Associazione Franco Mura onlus, costituita tre anni fa a Sassari e presieduta da Enrico Mura.

 

Quando è nata l’associazione?

«Abbiamo avuto il nostro atto costitutivo il 1 dicembre 2012. L’idea è nata dopo un’esperienza familiare, la breve malattia e il conseguente decesso di mio fratello Franco, insegnante a Sassari. Abbiamo assistito, io, parenti ed amici, alla diagnosi di un tumore in stato avanzato e su cui non ci sarebbe stato niente da fare. Ecco perché ci siamo messi alla ricerca di cosa c’era e cosa si poteva avere per alleviare l’ultima fase di un malato terminale. Con mio fratello ancora in vita ed altre persone abbiamo così approfondito le considerazioni sulla dignità del fine vita e di come e quanto lo stato di peggioramento del fisico avrebbe portato alla riduzione della dignità della persona umana. L’obiettivo dell’associazione che abbiamo costituito dopo la morte di mio fratello è di sostenere l’applicazione della legge 38/2010 “disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”».

 

Enrico Mura

Quali strumenti ci sono attualmente a disposizione per i malati terminali?

«Sono quelli previsti dalla legge 38. Ovvero l’assistenza sia in hospice o domiciliare e la rete della cure palliative, che sono quelle che possono essere date per fare finire le ultime fasi con maggiore serenità e dignità, alleviati dal dolore e dall’inutile sofferenza. L’esperienza della morte di mio fratello ci ha portato a vedere nelle tre settimane di ricovero, prima di passare l’ultima settimana a casa, che all’ospedale civile di Sassari c’erano ancora morti dietro un paravento senza il conforto di familiari o senza la dovuta e necessaria assistenza negli ultimi momenti. Oserei dire: finire soli come cani».

 

Sembra incredibile che questo possa succedere ancora oggi.

«Sembra ma è così. Nel settembre 2012 questo era sicuramente, perché abbiamo visto con i nostri occhi e probabilmente oggi ancora è».

 

E gli hospice in Sardegna?

«Attualmente ce ne solo due pubblici. Uno a Nuoro e l’altro a Cagliari. Più quello di Quartu. A Sassari era stato finanziato un hospice, mai realizzato. Oggi quindi a Sassari non c’è nulla. C’è solo l’assistenza domiciliare, garantita dalla Asl».

 

Quanti soci fanno parte dell’associazione Franco Mura?

«Abbiamo toccato in passato, soprattutto nella fase iniziale, oltre 700 iscritti, a dimostrazione che il tema è particolarmente sentito. In questo momento ci sono 150 iscritti circa».

 

Un picco insomma non di poco conto.

«Va comunque detto che l’argomento è particolarmente sentito dagli operatori sanitari, da coloro quindi che sono a stretto contatto con la realtà degli ospedali. Un po’ meno dai cittadini. C’è ancora una sorta di tabù sulla morte, si evita spesso anche il termine, pensiamo ai necrologi. Quel che manca all’associazione, ma questo è un limite comune ad altre realtà del volontariato, è un’azione diretta da parte degli iscritti. Quando serve un impegno costruttivo od organizzativo i numeri della partecipazione calano. Su questo dobbiamo lavorare, con il supporto di tutti. E poi capire come poter coinvolgere i volontari sul campo, con azioni di assistenza diretta».

 

E la politica?

«Purtroppo, e bisogna ricordarlo, ogni volta che gli amministratori pubblici locali cambiano occorre quasi ripartire daccapo. È un limite generalizzato. Siamo in attesa di essere ricevuti da arcivescovo e rettore. Diritto e dignità per avere ausilii per malato terminale e per famiglia».

 

Ci sono temi collegati?

«Sì, il testamento biologico, legato al discorso della dignità e contro l’accanimento terapeutico, per il rispetto della volontà del singolo. Non esiste ancora una legge nazionale ed il Consiglio comunale di Sassari, dietro nostra richiesta, nel dicembre 2013 aveva votato all’unanimità un ordine del giorno per l’istituzione del registro. Poi però non se ne è più parlato».

 

Le ultime attività dell’associazione?

«È in corso una raccolta di firma per Pigliaru e Arru. Si chiede una uniformità dell’applicazione della legge 38 in tutta la Regione. Stiamo pensando di organizzare incontri pubblici e con le istituzioni. Stiamo anche pensando ad un evento per i tre anni di attività. Da poco facciamo anche parte della Rete dei diritti».

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