Asl di Sassari, programmi e obiettivi

Intervista ad Agostino Sussarellu, commissario dell’Azienda Sanitaria 1. Il futuro della sanità nel nord ovest della Sardegna, i nuovi servizi e i rapporti con il polo di Olbia

Sassari. Chi sono i commissari straordinari delle aziende sanitarie sarde e quali sono i problemi ma anche le note positive delle singole realtà territoriali, alla luce della riforma della rete ospedaliera e delle stesse aziende che la Regione sta definendo? Iniziamo un viaggio tra le Asl e le Aziende Ospedaliere isolane.

La prima intervista è con Agostino Sussarellu, commissario straordinario della Asl 1 di Sassari, anestesista al Santissima Annunziata e presidente dell’Ordine dei Medici del nord Sardegna per 15 anni (ha lasciato l’incarico nei giorni scorsi).

Dottor Sussarellu, iniziamo con il passaggio dell’Ospedale Civile sassarese all’Azienda Mista Ospedaliero-Universitaria. Come diventerà la Asl?
«Entro lo scorso 30 giugno abbiamo presentato il progetto di scorporo del Santissima Annunziata. A Sassari nascerà una nuova entità ospedaliera, sotto la dizione di Aou. Sarà il Dea, il presidio di secondo livello del nord Sardegna, che dovrà gestire tutta l’assistenza ospedaliera secondo il decreto ministeriale n. 70 della scorsa primavera. Il progetto è stato presentato in Assessorato e prevede una serie di passaggi, con 1200 dipendenti che andranno all’Aou, come tutti i reparti ospedalieri, più farmacia, centro trasfusionale e laboratorio. Occorre che si inizi a parlare la stessa lingua: pensiamo alla parte informatica. Perché avvenga questo è chiaro che non possiamo fare tutto con la bacchetta magica. Servono sei mesi: entro dicembre e gennaio ci sarà il passaggio completo alla nuova azienda ospedaliera. Resterà però la Asl, con tutta la parte territoriale che comprende i distretti di Sassari, Alghero e Ozieri; e poi i presidi ospedalieri di Alghero e Ozieri. All’interno di ogni Asl dovrà esserci un presidio di area omogenea, che può essere composto anche da diversi “stabilimenti”. Il presidio comprenderà gli stabilimenti di Alghero Civile, Alghero Marino e Ozieri, con aggregate le strutture di Ittiri e Thiesi. Con la vocazione di migliorare l’assistenza territoriale».

Che ne sarà quindi dei piccoli ospedali?
«In questo momento ci sono diverse voci che parlano di cose che a noi non risultano. Alghero e Ozieri hanno una mission particolare, che continueranno a mantenere. Ci sarà un percorso di tre anni. Per ora non è previsto alcun ridimensionamento, ma una ottimizzazione dell’offerta sanitaria. Per Ittiri e Thiesi va detto che i presidi sono già stati ristrutturati, saranno molto più calati nella realtà territoriale. La nuova sanità prevede che si vada ad operare in centri che abbiano una quantità di prestazioni con un carico ottimale per gli operatori. L’idea che si possano fare nei piccoli ospedali interventi di chirurgia complessa è impensabile. Ittiri e Thiesi possono svolgere servizi di ospedali di comunità. È una riforma che all’inizio fa paura come tutti i cambiamenti. Stiamo presentando progetti per istituire case della salute a Bono ma anche a Castelsardo. Interverremo anche su Porto Torres. Occorre fare un salto, c’è la necessità di mettere dei filtri. Il problema delle barelle al Santissima Annunziata va risolto facendo in modo che quei pazienti non entrino neanche in ospedale, non si tratta di aumentare i posti letto. Serve allora un altro filtro in ingresso, ovvero le Case della salute ed il miglioramento dell’attività territoriale, come l’adi, l’assistenza domiciliare. Spero di mettere su a Sassari, Ozieri e Alghero cittadelle della salute. Ipotizziamo di fare a Sassari una cittadella della salute. Se avremo i fondi, pensiamo di ristrutturare il “Conti” e mettere qui, per esempio, l’hospice. Abbiamo però bisogno anche di una valvola di sfogo: terminata la fase acuta il paziente che fa? Uno che è in condizioni ottimali può tornare a casa. Ma chi ha patologie particolari? Per ora abbiamo i reparti di lungodegenza. Al termine però si ripresenta lo stesso problema. Allora, casa o rsa? In provincia abbiamo poco più di 200 posti in rsa. Ploaghe, struttura che dà un’ottima assistenza, quando la proponiamo ci dicono in tanti che preferiscono essere messi in lista d’attesa per San Nicola. Stiamo valutando l’ipotesi di un ampliamento dei posti in rsa. E questo è un progetto in embrione».

I rapporti con i sindacati sono stati tesi, proprio riguardo alla scorporo del SS Annunziata. Com’è la situazione attuale?
«Mi sento di dire che c’è stato un grande fraintendimento. Cerco di spiegare. L’ospedale civile che passa all’Aou non è contrattabile. Non si pone la domanda: io preferisco stare alla Asl. Non è previsto questo, ma c’è la possibilità che per un anno, qualora la Asl avesse bisogno di personale, venga fatta una sorta di dichiarazione di intenti. Le paure sono tante, legate agli incarichi funzionali di alcune figure. Questo verrà mano a mano smussato. Siamo stati molto sinceri con i sindacati. E in ogni caso il blocco del turn over ci sta impegnando in una maniera pesantissima. Sono bloccate tutte le nuove assunzioni che costituiscano un aumento dei costi: pensiamo alle sostituzioni temporanee per malattie».

E il blocco parziale del turn over del personale medico e sanitario in attesa della definizione della nuova rete ospedaliera?
«In alcuni reparti siamo consapevole che dovremmo potenziare, adesso invece possiamo solo ottimizzare. Per fare questo dovremo chiedere dei sacrifici al personale in servizio. Abbiamo inoltre trovato una situazione di personale a tempo determinato e altri problemi, che vanno visti insieme alla direzione generale dell’Assessorato regionale».

Lei arriva ai vertici della Asl dopo essere stato per anni presidente dell’Ordine dei Medici. Come vive questo cambio di ruolo?
«Nei giorni scorsi ho firmato la lettera di dimissioni, accettate dal consiglio dell’Ordine, che ha già provveduto ad eleggere il mio successore, il dottor Francesco Scanu, al quale rivolgo gli auguri di buon lavoro. Ho guidato l’Ordine per 15 anni e devo dire la verità: sono arrivato alla guida dell’Asl solo perché sono stato presidente dell’Ordine dei medici. Mi spiego: questo incarico è stato ritenuto, al momento della valutazione dei titoli, come di tipo direttivo. E approfitto per rispondere a chi in questi mesi ha presentato denuncia formale all’anticorruzione nazionale sollevando una questione di incompatibilità. Io sapevo di non essere in questa situazione, altrimenti non avrei presentato alcuna domanda di candidatura. Ho interpellato un legale che ha la preparazione maggiore in Italia in diritto sanitario. L’anticorruzione nazionale ha risposto che non c’è nessuna incompatibilità. Sì, è completamente diverso il ruolo di commissario della Asl. Il presidente dell’Ordine si occupa di aspetti legati, per esempio, alla deontologia. Quando passi dall’altra parte ti rendi conto che c’è tutto un percorso di tipo amministrativo da rispettare. Da commissario c’è una visione completamente diversa».

Qual è l’obiettivo più ambizioso che vorrebbe raggiungere?
«La Asl di Sassari ha una buona assistenza sanitaria. Abbiamo una solo struttura privata, il Policlinico sassarese. Cagliari ha dieci cliniche private. Quando parlavo con presidenti di altri ordini soprattutto del sud, mi accorgevo che se Sassari ha una bassa percentuale popolazione che si sposta e non ci sono grandi strutture private qualche cosa vorrà dire. Lavoro da 36 anni in una struttura pubblica. Noi diamo già un buona assistenza. Dobbiamo fare un salto di qualità, arrivare a migliorare l’assistenza nel territorio e quella all’interno dell’ospedale. Credo in questa riforma sanitaria. L’ambizione è vedere impostato il lavoro almeno entro il prossimo 31 dicembre, quando decadrò da commissario».

Quali conseguenze si aspetta dalla nascita del Mater Olbia?
«Da presidente dell’Ordine ho subito detto che la Sardegna, regione circondata dal mare, ha un limite per gli spostamenti. E questo ci ha portato ad una sorta di autoreferenzialità. Quando e se il Mater aprirà saremo obbligati a confrontarci. Ecco perché la ritengo un’opportunità. Poi naturalmente spero sia una clinica ben integrata nel sistema regionale».

Come ha trovato l’azienda dal punto di vista gestionale?
«Ho trovato un grande numero di incompiute. Stiamo cercando di concluderle ma dobbiamo fare i conti con i pochi fondi a disposizione. Non abbiamo trovato a bilancio fondi per la ristrutturazioni edilizie, che sono risultati non chiesti. Stiamo cercando di rimediare su Alghero e Ozieri, ma anche su Sassari: pochi mesi fa abbiamo chiuso i parcheggi del Palazzo Rosa, che vanno messi a norma. Stiamo esaminando tutti le situazioni. Ad Alghero c’è mezzo ospedale ancora da ristrutturare. Prepareremo comunque un piano generale sicuramente da presentare in Regione».

A Sassari esiste un problema di anzianità del personale?
«È vero in parte. Abbiamo avuto nell’ultimo periodo assegnazioni di diverse posizioni apicali. E per l’Ala sud assunzioni di giovani che hanno dato un po’ di fiato. Però il problema dell’età media del personale, conseguenza del blocco del turn over per tanti anni, alla fine è arrivato e riguarda tutte le figure sanitarie non solo i medici. Nei prossimi anni si presenterà in maniera pesante su tutta la sanità italiana. Da noi c’è stato un decremento anche degli iscritti alle scuole di specializzazioni. Rischiamo di finire come in Inghilterra, che, dopo avere introdotto il limite agli accessi ai corsi universitari, si è trovata nella situazione di dovere chiamare medici stranieri, soprattutto indiani, pakistani, anche italiani».

Lei ha avuto a che fare, anche se con ruoli diversi, con le ultime Giunte regionali: quali differenze ha trovato?
«Partiamo dalla Giunta Soru. L’assessore Dirindin ha visto negli Ordini degli interlocutori seri. Ci chiedeva pareri sul piano sanitario regionale, ricordo. Poi, con la Giunta Cappellacci, abbiamo avuto due assessori. Con Antonello Liori ho interloquito, era estremamente cortese, però non abbiamo mai discusso di politica sanitaria. Con la De Francisci invece abbiamo avuto solo un incontro, una presentazione. L’attuale assessore, Luigi Arru, che era presidente dell’Ordine di Nuoro e che conosco bene, sta portando avanti un progetto condiviso di riforma».

Ci sono state pressioni politiche al momento della definizione del suo staff da commissario della Asl?
«Ho scelto la mia squadra con la massima libertà, senza nessuna ingerenza politica, a cominciare dai direttori amministrativo e sanitario, il dottor Marras e la dottoressa Zedda, due persone preparatissime. Questa azienda va avanti non perché c’è un commissario ma perché c’è un gruppo di lavoro estremamente qualificato, una serenità che aiuta nell’impegno di tutti i giorni».

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